La ricompensa della mangusta è il primo album di Missey, cantautrice milanese che unisce sonorità e armonie new folk e 60’s a liriche e ritmiche tra urban pop e world music. Il suo esordio è un diario di bordo per raccontare un viaggio in un mondo immaginario dove la fantasia diventa la chiave di lettura per comprendere la quotidianità. Nelle undici tracce che compongono il disco, Missey affronta con toni ironici e fiabeschi il tema della ricompensa, intesa come limite su cui si basa la nostra società: viviamo infatti in una continua gara per raggiungere dei traguardi imposti, cercando di soddisfare questi standard anche quando atrofizzano la nostra personalità e la nostra capacità di critica. Ne abbiamo parlato con lei.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Mannaggia vi deluderò. Faccio musica triste e sono spesso malinconica anche se non proprio triste. Però di una cosa rimango sempre cosciente: vivere momenti tristi e avere la possibilità di esprimerli in musica insieme a persone che credono davvero nella condivisione di quelle sensazioni come collante tra le persone è un sogno e un privilegio. Questa consapevolezza sa rendermi felice nel profondo (tipo àncora) anche quando mi sento piuttosto giù.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, LA RICOMPENSA DELLA MANGUSTA, E PERCHÉ?
JOA, sicuramente! È composta da due versi che si rincorrono dall’inizio sul piano fino a quando entrano gli archi, la batteria e il resto girando intorno al tema del “delirio“ legato ai nostri sensi di colpa. Ho scritto JOA in un giorno in cui mi sentivo irrimediabilmente arida e l’unica risposta che riuscii a darmi rispetto a quella constatazione, al di fuori di ogni logica, fu che forse ero semplicemente nata con ’un cuore in meno’ rispetto alle altre persone. È triste appurare quanto davvero si può perdere lucidità quando vogliamo recriminarci qualcosa ad ogni costo per rimanere da brave manguste nella nostra tana.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Lanciavamo segni al cielo con Marta Tenaglia! Lo considero un manifesto sull’amicizia, su quanto passare qualche ora fuori con una persona amica a volte ci abbia migliorato la giornata e fatto smettere di pensare ai “rischi e le corde tese” della quotidianità. Con Marta è successo spesso e oggi sono ricordi speciali. Dentro alla sua strofa incredibile ho visto tante immagini, tanta forza d’animo, mi hanno fatto un po’ crescere e in alcuni sogni e speranze non immaginarmi più da sola. L’amicizia è un motore che può portare a nuovi passi tutte le parti coinvolte e far dire: “UUUUUH, vedi è lo stesso anche per meee!”

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Anche nei testi più pesi queste undici canzoni, tra la componente strumentale architettata con OMAKE e insieme ai guest producers e quella vocale mia e delle altre voci, sono sempre piene di entusiasmo, sono performance e suoni che si percepiscono essere nati e registrati spinti dal divertimento del far musica: l’energia di chi, nonostante tutto sente che suonando o cantando, sta respirando ancora. Quindi se queste canzoni riescono a trasmettere questa energia organica che altro non è che il mix della fotta nel far musica di ogni singola persona che ha preso parte a questo lavoro, a prescindere dalla strada e dal contesto di chi ascolta, credo possa accompagnare con motivazione e rendere un po’ felici.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
All Things Must Pass di George Harrison, 57821 di Janelle Monae, A House Is Not a Home di Dionne Warwick.

Ecco La ricompensa della mangusta:

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