Pietro Lisciandrano, in arte Pit, è un cantante milanese che dopo vari EP e singoli, in lingua italiana e inglese, ha pubblicato il primo album, Teo. Un esordio musicale in chiave pop che sa di estate e tramonti infuocati, ma che è anche un’istantanea dei momenti che seguono la perdita di un amico e un inno alla vita dalla parte di chi invece resta, cercando in tutti i modi di dare un senso alla propria esistenza. Ne abbiamo parlato con lui.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Sono una persona felice. Mi piace scrivere canzoni ma non per forza tristi. Tante volte sono alcuni sentimenti tristi che fanno nascere le canzoni altre volte invece no. La mia musica non penso sia triste, ha sempre uno spiraglio di luce da qualche parte in una strofa o in un ritornello.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO ALBUM, TEO, E PERCHÉ?
Credo Disco, la traccia numero sei. È in un punto dell’album che ripercorre un po’ il mio percorso, il punto più basso è proprio lì. Quando ci si sente abbandonati e si cerca quella luce di cui ti dicevo prima. La tristezza deriva dal fatto che ti sembra di cercare la luce in una stanza chiusa e senza finestre.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Probabilmente Piccole ore. Mi mette il sorriso quando la suono con la band e quando la sento cantare.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Credo che possa succedere di immedesimarsi nelle emozioni che descrivo o nel suono. Negli stati d’animo della mia mente che sono sicuro non siano solo miei e non siano solo nella mia mente.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Ad oggi Dreaming With a Broken Heart di John Mayer, La fine dei vent’anni di Motta e Moving di Ed Sheeran.

Ecco Teo:

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