Pepp1 è il nome d’arte di Giuseppe La Grutta, cantante e musicista palermitano che oggi vive a Milano, dove da un lato è bassista jazz, dall’altro autore di “creepy rock”: con le sonorità del rock britannico e l’affetto casto nei confronti della lingua italiana, ha pubblicato Giardini pubici, un’opera umida come un praticello estivo dopo l’irrigazione a schizzi regolari, un concentrato brevissimo – ma tutt’altro che precoce – di argomenti bollenti come il consenso, l’Abissinia del ’35 e Giancarlo Magalli. Ne abbiamo parlato con lui.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Faccio musica che oscilla tra il raggelante e il triste ben celato. Di base mi ritengo una persona mediamente sconsolata.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO EP, GIARDINI PUBICI, E PERCHÉ?
Certamente il brano di chiusura Questa storia dell’amore, una breve e concisa ammissione di colpa da parte di un animale d’amore condannato a vivere intrappolato nel vortice delle passioni più turpi.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’EP?
Direi Se io fossi Magalli, il mio tributo al principe del varietà, il David Letterman europeo. Per questo brano mi sono avvalso della collaborazione di Papa Black Face, un artista che “spinge parecchio”, come ho sentito dire ad un producer che lavora in cameretta.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
L’ascoltatore può provare ilarità attraverso i miei stornelli spogliandosi dei propri abiti, spegnendo le tre candele che illuminano la sua lurida stanza e cospargendosi della marmellata con cui sono farciti i saccottini.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Direi I Couldn’t Say It To Your Face di Arthur Russell, Almost Blue di Elvis Costello e I Didn’t Understand di Elliott Smith.

Ecco Giardini Pubici:

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