Clairedemilune ha 25 anni, viene dalla Luna ma suona per Terra. Già presentata così, la giovane cantante romana ci ha molto incuriositi, ma poi ascoltando il suo ep d’esordio siamo subito stati catturati dal un universo allo stesso tempo intimo e impetuoso, pieno di sfumature e di colori. “Il mio primo omonimo EP è un viaggio emotivo tra le due facce della luna: quella luminosa e limpida contrapposta al mio lato oscuro e malinconico confluiscono in un indissolubile tao”: in questo modo parla del suo lavoro, ma per saperne di più l’abbiamo incontrata.

QUANTO TI SENTI HYPFI? CIOÈ, FAI MUSICA TRISTE MA SEI UNA PERSONA FELICE?
Direi piuttosto che faccio musica felice ma sono una persona che prova spesso tristezza. Al contempo sono allegra e scrivo su temi inevitabilmente malinconici. D’altronde le mie canzoni parlano inevitabilmente di me, di ciò che mi porto dentro, e di conseguenza anche dei miei contrasti d’umore. Quindi, da brava mezza-luna la mia risposta finale è: faccio musica triste-felice e sono una persona felice-triste. Mi piacciono le dicotomie.

QUAL È LA CANZONE PIÙ TRISTE DEL TUO EP, CLAIREDEMILUNE, E PERCHÉ?
Tutte le canzoni sono intrise di profonda malinconia che cerco di smorzare con una serie di accordi maggiori e di sonorità più leggere. Mi piace pensare che si possano sia ascoltare che sentire e, in base al tipo di orecchio o di cuore, che si possa assorbire un mood piuttosto che un altro. Tendenzialmente i miei testi si concentrano sulle relazioni tossiche, sulla morte, sulla solitudine, sul distacco (temi felicissimi, insomma!) ma la speranza e il bisogno di libertà non mancano mai. Dentro il dolore c’è sempre un grido catartico.

E QUAL È INVECE LA CANZONE PIÙ FELICE DELL’ALBUM?
Senza ombra di dubbio Dietro le spalle. È felice nella misura in cui lo sono io quando mi ci sento. Associo molto il benessere alla serenità e questo brano è nato da un flusso fantastico e stranamente calmo: due persone si incontrano, si guardano, si amano e non si dicono nulla. Sono stata contaminata da due temi presi uno da Ferro3 di Kim Ki Duk (il silenzio) e un altro da Before Sunset di Linklater (l’incontro casuale e la voglia di conoscersi), tuttavia l’atmosfera di Dietro le spalle è ben diversa: personalmente mi fa pensare a una persona che guarda il mare da una panchina mentre tiene un gelato in mano che, talmente è immersa nell’osservare il cielo che si fonde con l’acqua, da non accorgersi che pian piano si sta sciogliendo, colando sulle sue dita. Io credo che la felicità sia semplice. Semplice non facile. Spero lo sia anche la mia canzone.

IN CHE MODO LA TUA MUSICA POTREBBE RENDERE FELICE CHI L’ASCOLTA?
Onestamente, non saprei: rispetto e accetto le percezioni caotiche della moltitudine. Tuttavia, una mia speranza è quella di poter far sentire accolto, compreso, cullato e in parte liberato l’ascoltatore. Ma non tanto perché sarei io a permettere ciò, ma la musica in sé, perché la musica va oltre l’artista, va oltre le persone, va oltre. Forse questi quattro elementi non rendono felici ma credo possano creare almeno un po’ di quiete.

QUALI SONO LE TUE TRE CANZONI TRISTI PREFERITE DI SEMPRE?
Posso dirne solo tre? Caspita! Beh, allora… Misguided Ghosts dei Paramore. In parte ha anche ispirato il mio primo singolo Sparirò. È una canzone a cui sono legata da quando è uscita (ormai il non troppo vicino 2009) e che tutt’ora mi accompagna quando ho bisogno di sentirmi rassicurata. A seguire I Know It’s Over, nella versione di Jeff Buckley, e qui posso dire solo: “ahia, il mio povero cuore!” Infine, una delle mie canzoni preferite in assoluto: The Raven That Refused to Sing, di Steven Wilson. È disarmante, straziante, logorante. Sembra una marcia funebre senza via d’uscita in cui si riperpetua il trauma del lutto. Quasi fastidiosa nella sua intensità emotiva e per questo dannatamente necessaria.

Ecco Clairedemilune:

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